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SALVIAMO I CORALLI DALLA MORTE BIANCA

Aggiornamento: 15 apr 2022

Un grido d’allarme arriva da tutte le barriere coralline del mondo: stiamo perdendo i coralli! Tra il 2014 e il 2017 è avvenuto il più grande evento di sbiancamento dei coralli che ha colpito il 60% di questi organismi. .



È importante conoscere le cause di una catastrofe di tali dimensioni e capire quali potrebbero essere le conseguenze se non agiamo in tempo. Prima di procedere alla discussione di questo fenomeno, bisogna approfondire le caratteriste dei coralli. Le barriere coralline sono costituite dagli scheletri calcarei di miliardi di minuscoli polipi dei coralli costruttori o “madreporari”, organismi che appartengono al phylum degli Cnidari (o Celenterati) e che hanno bisogno di acque limpide, illuminate e ossigenate, con temperatura compresa tra 20°C e 30 °C e salinità elevata (condizioni tipiche del Pacifico centrale e della costa orientale dell'Australia). I polipi dei madreporari formano colonie di cloni identici che secernono scheletri di carbonato di calcio dalle forme e dimensioni molto varie. Col passare del tempo, questi scheletri calcarei si fondono tra loro creando delle strutture coralline dure come la roccia, chiamate barriere. I polipi corallini vivono in simbiosi con alghe unicellulari, dette zooxantelle, importantissime per la vita delle colonie e, pur essendo muniti di tentacoli, non riescono a procurarsi da soli tutti i nutrienti di cui hanno bisogno. Le zooxantelle forniscono ai polipi zucchero ed ossigeno, prodotti con la fotosintesi, colori brillanti e preziosi elementi per la mineralizzazione dello scheletro calcareo. In cambio, le zooxantelle ricevono dai coralli un luogo sicuro in cui vivere e nutrienti sotto forma di cataboliti.


I coralli vivono in mari caldi, ma sono molto sensibili all’aumento anche minimo della temperatura dell’acqua che, se troppo calda, stressa i coralli e le zooxantelle. La “Degree Heating Weeks” (DHW) è la misura che esprime lo stress termico subìto dal corallo e che consiste in una valutazione cumulativa dell’intensità e della durata di quest’ultimo in un periodo di dodici settimane. Lo stress termico compromette il corretto funzionamento delle zooxantelle, che subiscono danni al sistema fotosintetico e producono radicali liberi dell’ossigeno, danneggiando le cellule del corallo. Conseguentemente, i polipi espellono questi preziosi simbionti e diventano bianchi. Il fenomeno, noto come “coral bleaching” o “sbiancamento dei coralli”, rappresenta una seria minaccia per le barriere coralline di tutto il mondo. I coralli possono sopravvivere senza zooxantelle per brevi periodi e ripristinare il rapporto simbiotico quando le più favorevoli condizioni lo consentono. Se, però, lo sbiancamento persiste per lungo tempo, il corallo è condannato a morte…alla morte bianca!





Lo sbiancamento dei coralli è un serio problema che pone fortemente a rischio i delicati e preziosi ecosistemi delle barriere coralline. Esse sono, infatti, fondamentali per un quarto della vita marina e per diversi aspetti della vita dell'uomo: proteggono le coste dall’erosione, sono dei veri e propri vivai per i pesci che peschiamo e ospitano il plancton, importante anche per la produzione dell’ossigeno che respiriamo. Per questo lo sbiancamento di un corallo ha gravi conseguenze anche sulla vita di altri organismi, tra cui l’uomo.

Scienziati, ricercatori e volontari sono al lavoro per garantire la sopravvivenza di questi ecosistemi. In particolare, essi si occupano della riproduzione dei coralli per via asessuata nei vivai e del successivo trasferimento degli stessi in mare al fine di ripopolare le barriere. Quando un corallo viene danneggiato, accade che una parte della colonia si stacchi, rotoli via, e si riattacchi in un altro punto del fondale, continuando a crescere per clonazione. I professionisti al lavoro nei vivai provvedono a frammentare intenzionalmente i coralli per avere cloni geneticamente identici. Inoltre, gli scienziati si occupano di favorire la riproduzione sessuata dei coralli, ampliando la variabilità genetica. Per riprodursi sessualmente, la maggior parte dei coralli libera ovuli e spermatozoi nella colonna d’acqua dove avviene la fecondazione. Nelle zone più compromesse, ove i coralli sono pochi e distanziati, le probabilità che ciò avvenga sono sempre più basse; per tale ragione, gli scienziati provvedono alla fecondazione in laboratorio ed al successivo trasferimento dei coralli in mare.

Dobbiamo contribuire tutti al recupero dei coralli appoggiando ed incrementando le strategie poste in essere da scienziati, ricercatori e volontari ed assumendo comportamenti sempre più responsabili e sostenibili che possano contenere il riscaldamento globale.

Salviamo i coralli dalla morte bianca!

Classe I A Liceo Scientifico di Marsico Nuovo


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