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DAL RING ALLA FRONTIERA,LA STORIA DI VITALI KLITSCHK

Aggiornamento: 3 mag 2022


Fra i protagonisti del conflitto in Ucraina, un altro nome spicca oltre a quelli di Zelensky e Putin: Vitali Klitschko, il sindaco di Kiev. Un ex pugile che sul ring era noto come “Dr. Ironfist”. Tre volte campione del mondo dei pesi massimi, vanta un record di 45 vittorie, di cui 41 per KO. E oggi si trova tra i 24 della lista nera del famigerato Gruppo Wagner.


Klitschko è figlio del colonnello Vladimir Rodioniovich Klitschko, comandante delle operazioni di polizia dopo Chernobyl. Per via dei continui spostamenti del padre, non nasce in Ucraina, bensì nel remoto Kirghizistan, al confine con il Kazakistan, paese natale del fratello minore Vladimir.

Inizia con la kickboxing, sport illegale in Unione Sovietica fino al 1989 perché considerato troppo occidentale, e diventa campione sovietico. Assieme a Vladimir, viene invitato a gareggiare negli Stati Uniti, dove si apre loro un mondo totalmente opposto rispetto a quello dove erano cresciuti: “Da bambino mi è stato fatto il lavaggio del cervello. Ogni mattina dovevo scrivere di tutte le cose brutte dell’America, perché era il nostro nemico. Gli USA erano il capitalismo, dove le persone si trattavano come schiavi. Ce lo dicevano dall'asilo. Quindi, per me, andarci è stato come fare un viaggio sulla luna”, dichiarerà in un’intervista.


Debutta come pugile professionista nel 1996, con il team tedesco Universum, seguito dal fratello. Nel 1998 conquista il WBO (World Boxing Organization), poi diventa campione d’Europa. È il primo campione del mondo ad avere un dottorato, nel suo caso in scienze sportive.

Nel 2004 vince il titolo WBC (World Boxing Council), che difende fino al suo ritiro nel dicembre 2013, a 41 anni, senza mai essere stato messo KO. Tra i suoi avversari più importanti, l’inglese Lennox “The Lion” Lewis, con il quale disputa uno dei match più avvincenti e discussi della storia della boxe (è costretto a ritirarsi per una ferita allo zigomo sinistro), lo statunitense Shannon Briggs, il sudafricano Corrie Sanders, e il suo ultimo avversario, il tedesco Manuel Charr.

Non affronterà mai Vladimir, memore di una promessa fatta alla madre. Con lui instaura anzi un rapporto simbiotico: “I nostri avversari non sanno che abbiamo un’arma segreta. Anche se sul ring c’è una persona sola, a combattere siamo in due. E insieme siamo il doppio più forti. Tuo fratello ti trasmette la sua forza. E allora nessuno può fermarti.”

Il più giovane si ritira nel 2017, segnando la fine di quella che viene ricordata come “l’Era dei Klitschko”.

Vitali ha sempre dato prova di grande sportività sul ring: mai una parola fuori posto contro gli avversari, una vera rarità nel mondo sempre più appariscente e teatrale della boxe. Il suo stile imprevedibile e poco convenzionale, accompagnato da una percentuale di KO dell’87,23%, gli ha permesso di consacrarsi nell’Olimpo dei mostri sacri di questo sport.


Si avvicina al mondo della politica nel 2004, durante la Rivoluzione arancione, movimento di protesta nato come risposta ai brogli elettorali attuati dal candidato alla presidenza ucraina Viktor Yanukovich, sostenuto dai russi. Klitschko sostiene pubblicamente l’altro candidato, Viktor Yushchenko, che lo nomina suo consigliere.

Dopo aver perso alle sindacali di Kiev del 2008, due anni dopo fonda il partito di ispirazione liberale UDAR (Alleanza Democratica per la Riforma), e viene eletto alle parlamentari del 2012. Diventa una figura di riferimento per i protestanti dell’Euromaidan, quando Yanukovich viene deposto, accusato di corruzione e abuso di potere.

Viene eletto sindaco di Kiev nel 2014, con il 57% delle preferenze. Sarà rieletto nel 2015 e nel 2020.

Nel corso dei suoi mandati, si è dimostrato favorevole all’avvicinamento dell’Ucraina alla NATO e all’UE, e ha lottato contro la corruzione e la brutalità nelle carceri. Sulla politica ha detto: “È un gioco sporco, senza regole, specialmente in una democrazia giovane come quella ucraina, mentre la boxe ne ha tante.”


Vitali Klitschko sta disputando il match più importante della sua vita: quello per la libertà della sua gente. È lì, fra le macerie, in tenuta militare, insieme ai suoi concittadini, a compiere il suo dovere come sindaco. Sui social, sempre con il fratello, racconta gli sviluppi della guerra e manda messaggi d’incoraggiamento. Ai mass media occidentali, continua a ribadire e mostrare le conseguenze delle azioni di Putin, e a chiedere armi e supporto per il popolo ucraino.


Di Mariapia Panzardi


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