GIALLO IN VATICANO
- Liceo Marsico-viggiano
- 27 mag 2023
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 30 mag 2023
La scomparsa della quindicenne Emanuela Orlandi.

Sull’antica statua si legge:” Requiescat in pace”, “Riposa in pace”. É la tomba dell’angelo nel cimitero dei Teutonici e dei Fiamminghi, il campo santo del Vaticano in Via della Sagrestia, tra la Basilica di San Pietro e l’aula per le udienze "Paolo 6”, dove sono sepolti nobili, studiosi, architetti, missionari e canonici fiamminghi. Proprio qui nel 2019, all’interno delle mura Leonine e nel cuore della capitale si riaccendono le luci sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia quindicenne di un commesso della prefettura della casa pontificia, svanita misteriosamente nel nulla nel 1983. Una lettera anonima che dice “Cercate dove indica l’angelo” riapre il caso e indica dove potrebbe essere stato occultato il corpo della ragazza. Gli esperti accertano che la tomba è stata aperta almeno una volta e che la datazione di quella statua è diversa rispetto a quella della lastra.
22 giugno 1983. Sono le 4 del pomeriggio, Emanuela ha lezione di musica, l’anno scolastico si è appena concluso, ha terminato il secondo anno al liceo scientifico del convitto nazionale “Vittorio Emanuele II”. La vera passione di Emanuela è la musica, ha grandi doti e frequenta ormai da anni la scuola di musica di “Piazza Sant’Apollinare”, tra Piazza Navona e Palazzo Madama, dove segue lezioni di flauto. La ragazzina sale sul bus n64 e arriva puntuale alle lezioni che terminano alle 18:45. Quando esce chiama a casa e a sua sorella Federica racconta che poco distante dalla scuola è stata avvicinata da un uomo. Le hanno offerto un impiego di volantinaggio come promotrice per una nota marca durante una sfilata di moda in un atelier: il compenso è di trentasette mila lire. Troppi soldi per una ragazzina, Federica non è convinta e suggerisce ad Emanuela di tornare a casa e parlarne con i genitori a cena, quindi si salutano. Ma la quindicenne a casa per cena non tornerà mai. L’allarme in Vaticano scatta appunto all’ora di cena, papa Ercole e la mamma Maria e i 4 fratelli di Emanuela l’aspettano invano quella sera. Poco dopo le 20 si precipitano in piazza “Sant’Apollinare” alla scuola di musica, ma di Emanuela non c’è traccia. Contattano allora le amiche, le quali dicono di averla salutata intorno alle 19.30 alla fermata del bus. La tensione è altissima in casa Orlandi, non è da lei comportarsi in quel modo. Alle 21, il commesso della prefettura della casa pontificia si presenta al commissariato e denuncia la scomparsa della figlia, lui è certo che Emanuela non sia scomparsa per sua volontà. Gli agenti però lo rassicurano, forse, dicono, è uscita con gli amici e si è dimenticata di avvertire, o forse si tratta di una fuga d’amore, invece la quindicenne è sparita nel nulla, e la mattina successiva 23 giugno, la sorella Natalia formalizza la denuncia di scomparsa all’ispettorati del vaticano. Poche ore dopo è sempre la famiglia a contattare i giornali, chiedono la pubblicazione della foto della giovane, e la notizia che una cittadina dello Stato pontificio è scomparsa fa subito il giro del Paese. La notizia è pubblicata sui giornali con la foto di Emanuela in prima pagina, la famiglia stampa centinaia di volantini e le strade della capitale ne vengono tappezzate; nello scatto Emanuela sorride, indossa una fascia sulla fronte, sotto si legge: al momento della scomparsa aveva capelli lunghi, neri e lisci, indossava jeans, camicia bianca e un paio di scarpe da ginnastica, non si hanno notizie dalle ore 19 del 22 Giugno. Così in casa Orlandi arrivano le prime segnalazioni: un ragazzo di sedici anni, dice di chiamarsi Pierluigi, racconta di aver visto due ragazze a “Campo dei fiori”, che vendevano cosmetici, ed è certo che una di loro fosse proprio la giovane della foto sul giornale, ma si è presentata dicendo di chiamarsi Barbara, indossava occhiali a goccia ed aveva con se una flauto. Una chiamata arrivò pure da un uomo, che dice di chiamarsi Mario, che ha delle informazioni ma dice che le fornirà solo successivamente; la speranza di ritrovarla nel giro di poche ore si accende, ma si spegne poco dopo, perché i due spariscono nel nulla, come Emanuela. Seguono altre, troppe telefonate, ma non c’è mai nulla di concreto. Il 3 Luglio, 11 giorni dopo la scomparsa, Papa Giovanni Paolo II, durante l’angelus, rivolge un appello ai responsabili della scomparsa: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, per la figlia Emanuela, che non ha fatto ritorno a casa; condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza del senso di umanità, di chi abbia responsabilità di questo caso.” Questo è l’appello che ufficializza il sequestro. Intanto gli investigatori ricostruiscono gli ultimi spostamenti della ragazza, un poliziotto e un vigile urbano riferiscono che il pomeriggio della scomparsa l’hanno vista parlare davanti alla scuola di musica con uno sconosciuto, a bordo di una BMW verde tundra, un uomo alto circa 175 cm, di età tra i 35 e i 40 anni, snello, vestito elegantemente, con il viso lungo, stempiato, che portava con sé una valigetta; è di certo l’uomo che l’ha avvicinata con la scusa di offrirle un lavoro, e di cui la stessa Emanuela aveva riferito alla sorella Federica. Seguendo la traccia dell’auto verde tundra, i poliziotti arrivano fino a Enrico de Pedis, il boss della banda della Magliana; siamo negli anni ’80, e a Roma sono loro a gestire il malo affare della capitale, dallo spaccio di droga fino a, probabilmente, i sequestri. Ma questa pista è un vicolo cieco, e non c’è alcuna conferma che Renatino (soprannome di de Pedis) sia coinvolto nella scomparsa della cittadina vaticana, così come le altre segnalazioni, non portano gli inquirenti da alcuna parte. Fino a quando alla sala stampa vaticana arriva la telefonata di un uomo con spiccato accento anglosassone, e per questo subito ribattezzato “l’americano”; dice di essere lui il rapitore, e di tenere in ostaggio Emanuela, sostiene pure che Pierluigi e Mario fanno parte di un’unica banda. L’americano durante uno dei messaggi collega il rapimento della ragazzina ad Ali Agca, un terrorista che aveva sparato a Giovanni Paolo II due anni prima, e ne chiede la liberazione entro il 20 Luglio. Sembra la pista da seguire per gli investigatori, che avviano una trattativa durata altre 15 telefonate. L’uomo chiama anche a casa Orlandi e fa ascoltare un audio con la voce di una ragazza, forse di Emanuela, mentre gli investigatori lavorano per risalire alla sua identità e per scoprire da dove partono le chiamate; non verrà mai identificato, per i poliziotti è un’altra strada senza uscita. Ancora una telefonata tiene con il fiato sospeso familiari ed inquirenti: l’8 Luglio un uomo con un forte accento meridionale contatta una compagna di classe di Emanuela, e ribadisce il collegamento dell’americano e la richiesta della liberazione di Agca; dal giorno della sparizione sono state 34 le telefonate arrivate a casa della rapita, nessuna di queste, però, ha mai portato alla verità. 17 mesi dopo, 20 Novembre 1984, una svolta sembra arrivare con il comunicato n°20 dei Lupi Grigi, il movimento estremista nazionalista turco di cui sembra facesse parte anche l’attentatore del Papa, Ali Agca. Le indagini si concentrano dunque su queste due piste, che verranno però smontate dopo lunghissime inchieste; l’ipotesi, secondo l’identikit dell’allora vice capo del SISDE, Vincenzo Parisi, è che l’americano corrisponderebbe a monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior, la banca vaticana, mentre è un ex ufficiale della Stasi, i servizi segreti della Germania est, a confermare che il caso di Emanuela era stato usato dalla Stasi scrivendo finte lettere a Roma, per consolidare la tesi che metteva in relazione Agca con i Lupi Grigi, un’operazione che ha l’obiettivo di scagionare la Bulgaria dalle accuse sull’attentato al Papa. Ancora, nelle indagini sul rapimento della cittadina vaticana, in diverse occasioni viene coinvolta la banda della Magliana: nel 2006, a parlare della misteriosa scomparsa, è Sabrina Minardi, ex compagna di Enrico De Pedis. Secondo Minardi la ragazzina sarebbe stata uccisa, e il suo corpo rinchiuso dentro un sacco e gettato in una betoniera. Stando a quanto riferito dalla Minardi, il rapimento era stato ordinato da monsignor Marcinkus, ed eseguito da De Pedis. Una ricostruzione confermata anche 5 anni dopo da Antonio Mancini, che faceva parte della banda, da tempo collaboratore di giustizia, che rilascia una lunga intervista: Emanuela Orlandi è stata rapita per ricattare il Vaticano e per ottenere la restituzione di un’ingente somma di denaro investita dalla banda della Magliana nella banca di Ior, si tratterebbe di oltre 20 miliardi di lire. Ma non è tutto, Mancini parla anche della sepoltura di Renatino nella Basilica di Sant’Apollinare, che conferma lo stretto rapporto tra la banda, il Vaticano, e il caso Orlandi. Alla sua morte, dopo che il rettore della basilica, monsignor Piero Vergare, attesta in una lettera che De Pedis in vita era stato un benefattore dei poveri che frequentavano la basilica, gli viene concessa la sepoltura all’interno della basilica. Questa notizia, una volta trapelata, esplode come una bomba, sollevando polemiche e proteste. Il motivo per cui De Pedis è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare è che fu lui a far cessare gli attacchi da parte della banda nei confronti del Vaticano; queste pressioni della banda erano dovute al mancato rientro di soldi prestati allo Stato. Dopo il fatto della Orlandi, nonostante che i soldi non fossero rientrati, De Pedis, si impegnò a far cessare le azioni violente, chiedendo in cambio la garanzia di essere seppellito proprio nella basilica. Nel 2005 si riaccendono i riflettori sulla basilica, quando alla redazione del programma “Chi l’ha visto” arriva una chiamata anonima, in cui si afferma che, per risolvere il caso di Emanuela Orlandi, è necessario un sopralluogo a Sant’Apollinare, controllando poi del favore che Renatino fece al cardinal Poletti. Il 14 Maggio del 2012 viene aperta la tomba di De Pedis, e quattro giorni dopo, per concorso a sequestro di persona, viene indagato don Pietro Vergare, il rettore. Un atto dovuto, come spiega la procura di Roma, per le operazioni di verifica sull’ossario costruito nella cripta, in cerca dei resti di Emanuela, mai trovati. C’è un’ultima pista sul mistero della scomparsa, la strada questa volta conduce ad un giro di festini a sfondo sessuale, in cui sono coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano, e personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede. Analoga l’ipotesi emersa nel 2012, di un gruppo di preti pedofili di Boston; secondo Padre Gabriele Amorth la giovane sarebbe rimasta uccisa durante un’orgia: “Venivano organizzati festini nei quali era coinvolto come reclutatore di ragazze anche un gendarme della Santa Sede; ritengo che Emanuela sia finita vittima di quel giro. Non ho mai creduto alla pista internazionale, ho motivo di credere che si sia trattato di un caso di sfruttamento sessuale, con conseguente omicidio, poco dopo la scomparsa, e occultamento del cadavere. Nel giro era coinvolto anche personale di un’ambasciata straniera.” Racconterà in una lunga intervista. L’ipotesi è che il corpo di Emanuela sarebbe seppellito proprio in Vaticano, insieme ad altre giovani vittime. La conferma sembra arrivare con una lettera anonima inviata all’avvocato Sgrò, legale della famiglia Orlandi, nel 2019: “cercate dove indica l’angelo”, che indirizza le nuove indagini dentro il camposanto “Le Mura Leonine”. I periti procedono con l’apertura di due tombe, individuate appunto grazie alla lettera anonima, all’apertura, però, sono misteriosamente vuote. Sono passate da poco le 11:00, quando Pietro, il fratello che si è sempre battuto per la verità sulla scomparsa di Emanuela, esce dalla porta adiacente al Sant’Uffizio, con un’espressione incredula: le tombe sono vuote, è incredibile; “L’apertura delle tombe era un atto doveroso per un dubbio da parte nostra e anche da parte loro, voglio sottolineare che quel che è accaduto è importante, perché il Vaticano ammette che ci possa essere una responsabilità interna, fatto che veniva escluso categoricamente prima. Questa collaborazione concreta e onesta fa pensare che loro possano avere qualche dubbio, questo è l’aspetto positivo, il resto è tutto da verificare.” Dice ai giornalisti riferendo di aver provato sollievo, ma allo stesso tempo di trovarsi, ancora una volta, a ricominciare da capo. “Tempo fa - conclude – il custode diceva di essere stato incaricato dalla famiglia di tenere anche fiori e lumini, mi sembra assurdo che le famiglie non sappiano, a questo punto anche loro dovrebbero risentirsi e chiedersi dove sono i resti dei loro parenti.” Le indagini nel Cimitero Teutonico non si fermano, e in un sotterraneo all’interno del complesso cimiteriale vengono recuperate delle ossa, ma dall’esame di quei frammenti ossei si conclude che si tratta di ossa centenarie. “Il procedimento relativo alla presunta sepoltura in Vaticano presso il Cimitero Teutonico dei resti di Emanuela Orlandi – si legge nel comunicato della Santa Sede – è stato archiviato dal giudice unico dello Stato della Città del Vaticano, che ha integralmente accolto la richiesta dell’ufficio del promotore di giustizia.” Un provvedimento di archiviazione, quindi, che però lascia aperta alla famiglia la possibilità di procedere, privatamente, a eventuali ulteriori accertamenti su alcuni frammenti già repertati e custoditi in contenitori sigillati, presso la gendarmeria. Ma la conclusione solleva molte polemiche da parte della famiglia Orlandi: gli esami eseguiti non sarebbero stati approfonditi, e non sufficienti a datare con precisione le ossa, ribattono, chiedendo una super perizia. Un altro doloroso capitolo nella complicata indagine sulla scomparsa della cittadina Vaticana. Il caso Orlandi è tutt’oggi aperto.
Flavia Panebianco e Antonio Mastroianni
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