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IL SILENZIO: VIGLIACCHERIA O RIBELLIONE?

  • Immagine del redattore: Liceo Marsico-viggiano
    Liceo Marsico-viggiano
  • 6 giu 2023
  • Tempo di lettura: 2 min

L’equivoco silenzio degli ermetici avvolto da un alone di religiosa speranza.



Durante il ventennio fascista, i letterati che volevano scrivere di politica erano costretti a farlo aderendo agli ideali diffusi dal regime, con l’obiettivo di plasmare le opinioni e di manipolare i comportamenti delle masse. Un gruppo di intellettuali, per aggirare l’obbligo propagandistico, decise di comporre poesia che fosse arte per arte. Questi sono gli ermetici, tra i quali figura Salvatore Quasimodo, che inizialmente scrisse solo versi dal tema lirico, e poi si dedicò anche a componimenti impegnati.

A tutti coloro che accusarono gli ermetici di essere rimasti in silenzio quando c’era più bisogno di voci che denunciassero gli orrori fascisti, Quasimodo rispose con “Alle fronde dei salici”. Come potevano i poeti cantare “col piede straniero sul cuore”, oppressi nella parte vitale, pulsante? Ogni giorno vedevano la morte negli occhi dei soldati: uomini ridotti a freddi cadaveri e lasciati a marcire sull’erba pungente. Il lamento delle madri private dei loro figli risuona nelle case, piangono le vittime innocenti di una guerra ingiusta. La situazione degli italiani è universalizzata dai riferimenti religiosi successivi alla descrizione delle oscenità della guerra: l’urlo nero di madre è quello della Madonna, piangente per la morte incolpevole del figlio.

Quasimodo, dunque, è stato un vigliacco a scegliere di non parlare di questo costante strazio? No.

Il silenzio del canto poetico, infatti, non è sintomo d’omertà, ma avviene come forma di ribellione nei confronti di quel regime che non lasciava libertà di espressione, diviene dunque uno strumento di lotta, un modo per rimanere vivi, per non essere schiavi, ed è un muto rispetto dinanzi alle sofferenze provocate dalla guerra, nonché un coraggioso atto di denuncia di tutti quegli intellettuali che propagandavano gli ideali fascisti.

I poeti hanno appeso le cetre alle fronde dei salici per amore della libertà, come voto, nella speranza della liberazione dell’intera umanità dal peso della guerra.

Marcella Naturali

 
 
 

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