“I limiti della Musica: dall’antichità alla modernità”
- Liceo Marsico-viggiano
- 30 mag 2023
- Tempo di lettura: 7 min

Parlare di un concetto complesso come quello di limite è abbastanza particolare, per vari aspetti. Sicuramente, però, uno dei più sentiti è il diretto legame che il concetto stesso ha con la nostra vita. Quando pensiamo ad un limite umano sicuramente la nostra mente pensa alla morte, che è l’unico limite che presenta delle serie incognite nei suoi confini; da sempre però l’umanità ha cercato dei modi per esplorare questo mondo sconosciuto che si trova oltre il limite della vita, e per questo ha sviluppato delle capacità, delle condizioni, insomma dei modi per eternare la propria essenza e per esplorare l’essere, per andare extra moenia. A tal proposito, la nascita e l’incremento dell’arte ha permesso all’uomo, indipendentemente dalla cultura in cui è stato immerso o alla religione che ha potuto professare, di poter intravedere e quasi toccare qualcosa che si trova al di là dei confini tangibili della sensibilità terrena
, grazie soprattutto alla creazione di canoni universali di bellezza atti ad ammaestrare i sensi circa il limite dell’eterno e dello scibile. Sicuramente tutte le arti hanno qualcosa che le erge ad attività di pura crescita ed elevazione umana, basti pensare alle mirabili opere scultoree e pittoriche che sono state “sfornate” dalle botteghe toscane, o in generale italiane, durante il rinascimento; ma possiamo oggettivamente concordare all’unanimità che esiste un’arte antichissima, legata alla nascita stessa dell’um
anità sulla Terra, che si pone su un livello maggiore, un’arte non tangibile, ma allo stesso tempo reale e pratica; un’arte che davvero non ha nessun limite e che per questo è l’unico mezzo utilizzabile, insieme alla ragione, per l’attraversamento dei confini umani e sensibili. Quest’arte non può essere altra se non la musica. Riflettiamo: che sensazione ci ispirano gli antichi canti religiosi orientali? E la monodia cristiana medievale? Non sembra qualcosa di dis‐umano? Qualcosa che sembra provenire da mondi a noi sconosciuti? E la polifonia! Non è essa forse uno strumento di esternazione umana verso altri mondi? Insomma, la musica presenta tante sfaccettature, una diversa dall’altra, ma sicuramente tutte legate da regole. Ma come? Le regole non sono dei limiti alla creatività? Ebbene, in effetti è così, ma, come vedremo in appresso, solo padroneggiando queste regole essenziali per la musica, si può produrre qualcosa di tanto eccezionale da farci restare sbalorditi della bellezza artistica dei suoni. Per capire in che modo la musica diventi mezzo di superamento di qualsiasi limite, mi sembra opportuno effettuare un’analisi stilistico – storica dei repertori che si sono avvicendati nei secoli e capirne in che modo essi sono diventati per l’uomo un mezzo di ev
asione dai confini limitanti della realtà. La musica si sviluppa su 3 concetti fondamentali: il ritmo, la melodia e l’armonia. Il ritmo è stato il primo limite che l’uomo si è posto per la sua produzione musicale, infatti ancora oggi usiamo dei tempi, detti regolari o irregolari a seconda della metrica e della pulsazione utilizzata. Già la presenza dei tempi irregolari è qualcosa che supera i limiti della normale binarietà dei tempi semplici, infatti non sempre i tempi irregolari sono di facile utilizzo, ma sicuramente rappresentano una fetta importante della dimensione ritmica della musica. La melodia è
il secondo concetto fondamentale, questa volta connotato da una vena decisamente più artistica del ritmo, appartenente alle basi musicali. Le melodie primordiali e quelle antiche, sia orientali che occidentali, non presentavano limitazioni di alcun tipo, infatti si passava per svariate altezze senza alcun tipo di rigore, ma nonostante ciò una sorta di freno verso la cacofonia permetteva comunque di sviluppare linee melodiche apprezzabili. Successivamente, quando alla musica viene accorpata la parola e soprattutto quando quest’ultima prende il sopravvento sulla melodia, si sviluppa, nell’occidente cristiano, uno stile musicale inconfondibile: la monodia cristiana liturgica, anche detta “canto gregoriano”. Nel canto gregoriano sembra non esserci una regola precisa circa la notazione e l’esecuzione. Ma è opportuno fare delle precisazioni: il canto gregoriano presenta delle caratteristiche che lo rendono una mus
ica soprattutto melismatica, adatto alla liturgia cristiana per la sua essenza religiosa. Con il passare del tempo la musica, anche il canto gregoriano, viene trascritta su supporti materiali, per permettere una diffusione di essa sempre uguale, ponendo dei limiti alla capacità di interpretazione e di esecuzione dei brani, logicamente trasmessi precedentemente in maniera orale, che doveva essere uguale ovunque. Ciò ha portato pian piano la musica verso una dimensione sempre più profana, superando anche questo limite, ovvero quello di musica vista come mezzo esclusivo di adorazione e meditazione religiosa, anzi diventando anche strumento per la divulgazione di testi poco o per niente consoni con la religione. È con la nascita della musica profana che possiamo analizzare il terzo dei concetti fondamentali della musica: l’armonia. Per armonia intendiamo la consonanza di più voci sovrapposte che eseguono delle melodie contemporaneamente e che a loro volta non creano dissonanze tra le varie voci. Questo è ciò che noi oggi, nei nostri lim
iti, diamo per scontato, ma un tempo non era affatto così, anzi nella fase di primissimo sviluppo dell’armonia esistevano dei canoni limitanti del tutto diversi dai nostri. Parlare di armonia spaventa sempre perché essa è forse la materia più difficile cui la musica debba effettivamente sottostare, infatti è l’armonia che detta le regole ferree che tutti coloro che si accingono nello studio della musica devono per forza di cose imparare. Se fino ad ora abbiamo parlato della musica in senso del tutto orizzontale con la melodia, ora ci troviamo a dover parlare della musica in s
enso verticale, in quanto non si analizzano più le linee melodiche in quanto tali, ma si analizzano tutti gli elementi delle varie linee melodiche sovrapposte l’una sull’altra, appunto in verso verticale. Ed è questo che da un modo alla composizione musicale, è l’armonia che ci permette di dare alla musica la sua anima imperitura ed inviolabile di bellezza e perfezione. Come ho già scritto, però, un tempo esistevano dei canoni armonici diversi dai nostri, infatti sono proprio questi che, all’ascolto di varie melodie, ci permettono di capire quali tra queste siano più antiche e quali più moderne. Parlando, per un attimo, più tecnicamente, posso dire che nel medioevo l’intervallo di terza (ovvero l’esecuzione di due suoni distanti tre toni l’uno dall’altro) era considerato cacofonico, brutto, quindi si prediligevano altri intervalli, ad esempio quello di quarta. Questo, per quei musicisti che hanno modellato le regole dell’armonia moderna nel XVIII secolo, è del tutto assurdo, infatti per noi l’intervallo di terza è praticamente il più armonioso di cui possiamo disporre, il più perfetto. Questa è la dimostrazione di
come, superati certi confini, se ne pongano inevitabilmente altri, ma essi poi diventano necessari per l’insieme eterogeneo della musica. Per molti secoli, sino al XIX, la musica ha avuto questi limiti, queste regole ben definite che però, grazie ad un loro sviluppo virtuosistico, hanno permesso una elevazione spirituale e trascendente della musica su tutte le altre arti. Poi però, la modernità e la contemporaneità degli ultimi secoli hanno scombussolato tutto, eliminando anche quei limiti che sem
bravano, anzi, che dovevano essere obbligatoriamente rispettati. Sto parlando delle moderne dissonanze, dei nuovi suoni elettronici, delle nuove dimensioni ultramusicali, che sfondano con un ariete di irrefrenabilità tutti e tre i concetti fondamentali della musica. Ecco la vera essenza della musica, la sua continua ricerca di elevazione spirituale e materiale, quindi trascendentale, per far sì che essa sia del tutto superiore a qualsiasi limite umano, naturale o soprannaturale. Ma ora
penso sia scontata la motivazione per cui la musica, come diceva il Maestro Ezio Bosso, è uno strumento per eliminare tutti i confini. Essi vengono annullati, perché la musica non è solo un linguaggio, ma è trascendenza che ci porta oltre, in altri luoghi e in altri tempi. Per questo le radici non sono un perno che va dentro, ma altri rami che vanno a fondo. La musica insegna ad ascoltare e ad ascoltarsi e, dunque, un grande musicista è colui che sa ascoltare le diverse ragioni non restando fisso sulle sue posizioni, trasformando i problemi in opportunità. Ma in effetti a cosa serve la musica? E in che modo, praticamente, essa serve all’uomo per oltrepassare i suoi limiti? Noi tutti, in quanto esseri umani, siamo uniti da un unico filo, quello delle emozioni, che non varia a seconda delle etnie e perciò non può essere espresso in n
essuna lingua. Magari può esprimersi in modi diversi, ma la base è esattamente la stessa. Quando ci siamo resi conto che le parole non bastavano a liberare le nostre emozioni, abbiamo dovuto trovare un nuovo strumento, qualcosa di universale, di immutabile, di estremamente adattabile ai vari contesti, praticamente qualcosa di perfetto. La fluidità delle armonie, la durezza dei battiti, l'asprezza delle corde, la volatilità dei fiati, tutti mezzi per un unico scopo: dare voce a qualcosa di apparentemente muto, qualcosa di innato e coesistente in noi, anche se a volte inconsapevolmente. Per questo la musica ha lo straordinario potere di stupire, perchè riesce ad estrarre dai meandri più reconditi di noi stessi sentimenti inaspettati, dei quali ignorava
mo l'esistenza. Ma oltre ad essere un mezzo, è anche la voce, la trasposizione e, sovente, il fine. Una volta trovato il nostro lato umano, sensibile, serve una voce per ascoltare ciò che ha da esprimere e per imparare da esso; qui entra ancora una volta in campo la musica, che con la sua incredibile espressione, porta alla nostra conoscenza tale bellezza. La bellezza dei sentimenti è che talvolta essi possono essere del tutto sfrenati, disordinati e in disarmonia tra loro. Anche in tal caso la musica rende il tutto più armonioso e ordinato, grazie alla sua matematica precisione e ferrea struttura. Il disordine causa solo altro disordine, per questo un filo conduttore sarebbe estremamente utile nel complesso sistema della mente umana. Una volta che i sentimenti sono stati svelati, dopo essere diventati trasposizione musicale, essi hanno la necessità di esprimersi nei più disparati modi. L'impellente necessità di uno sviluppo sentimentale della nostra anima, causa una fertilissima creatività, che se sviluppata al meglio in ambito musicale, riesce a sfiorare il divino e farci superare ogni tipo di ostacolo o limite. Eppure, nelle nostre micro dimensioni di esseri
singoli, crediamo di non essere abbastanza per superare i nostri limiti, di non padroneggiare bene le armi per questa battaglia, e non ci rendiamo conto che se dobbiamo affrontare dei limiti, ebbene, quei limiti siamo noi stessi.
TRANCHITELLA DOMENICO LUCA
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