IMMOBILISMO SOCIALE,GIOVANI E FUTURO
- liceomarsicoviggia
- 2 apr 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 3 mag 2022
Le dinamiche dell’incertezza

Immobilismo. Regna sovrano l’immobilismo, che divorando vorace le nostre realtà stronca sul nascere ogni margine di sviluppo. Vittime della menzogna quotidiana, cadiamo costantemente nell’illusione di una società che regredendo crede di evolversi, idolatrando i suoi stessi carnefici;
inclinazioni a dir poco masochistiche, che ovviamente trovano concretizzazione nel nostro paese. Il miraggio politico è solo uno degli svariati esempi: arringhe da quattro soldi, demagogie e nonnismi ci bloccano da decenni, complice l’inconsistenza e l’omertà prêt-à-porter (francesismo di convenzione ad arricchire) di ipocriti e buffoni. Complottismi e moralismi incessanti, teorie fantascientifiche e censure (subliminali). Ed è l’immobilismo. Tutto diviene ideologia, e l’ideologia muore, succube delle omologazioni e dell’ampollosità di un mondo cieco e fatiscente. Ci si sofferma sul superfluo, sull’inessenziale: il “resto” è invisibile. Non si vede. Ignavi i procrastinatori, che per pigrizia o tornaconto tralasciano ciò che provvisoriamente non li tocca. Centrale è il dilemma dei giovani, i quali timidamente approcciano a un futuro di cui poco o niente si sa, in preda ai frutti (marci) di un liberismo ormai anacronistico oltre che tossico. Secondo i dati Istat l’85,7% degli Italiani prevede che, rispetto ai propri genitori, i giovani occuperanno una posizione economica e sociale peggiore, mentre il 68,5% ritiene che per fare carriera sia meglio traslocare all’estero. E, a quanto si evince, il sentimento generale sembra volgere più al negativo che migliorare. Un quadro non del tutto florido. Tralasciando l’aspetto economico, indispensabile, il malcontento sociale è figlio dell’incertezza, delle disuguaglianze, dell’assenza di garanzie. Non perché si voglia fare dello scadente pessimismo, ma il fatto che un giovane debba ridursi a bestia da soma e svendere le ambizioni e i progetti di una vita per il miraggio di una (mediocre) stabilità futura difficilmente consentirà quel ricambio generazionale tanto propagandato e mai davvero favorito. E come ci si sente? Cosa si prova nel momento in cui la teoria diventa pratica, e quanto preconizzato inizia a riguardarci in maniera ravvicinata? Difficile dirlo. L’assenza di tatto e concreto realismo distoglie anche noi (studenti disgustosamente spocchiosi) dal fornire una risposta adeguata. Ma vivere toccherà, indistintamente, a tutti. E a noi non resta che sperare.
Karol Votta e Nicolò Gerboni
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