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OTTAVIA DE LUISE, UNA BAMBINA DIMENTICATA

Aggiornamento: 3 mag 2022


Ottavia De Luise è l’emblema della sofferenza che hanno patito per troppi secoli le donne. Usate, gettate, derise, insultate e uccise. Di tutti questi soprusi, farci sparire ed ammutolirci è il più ignominioso, ed è per questo motivo che ad Ottavia dobbiamo prestare la nostra di voce.


Sono passati 47 anni da quando Ottavia è scomparsa. È il 12 maggio 1976, l'Italia è tropo arretrata per considerarsi ancora un paese civile. Nonostante sia stata approvata la legge che legalizza il divorzio c’è ancora tantissimo da fare.


La storia di cui stiamo parlando è quella avvenuta a Montemurro, in Basilicata. Ottavia, come possiamo notare dal nome, è l’ultima di 8 figli, ha 12 anni, è bella, alta, bionda, sorridente, ha l’ingenuità spavalda di chi aspetta solo di prendere a morsi la vita, e di essere libera. Il pomeriggio in cui scompare sta giocando con la cugina e non si sa molto a riguardo, se non che Ottavia si incammina per raggiungere qualcosa o qualcuno e che di lei non si saprà più nulla per lungo tempo! I genitori, vedendo il sole calare, senza la figlia in casa, si allarmano. Mandano Settimio, il fratello, a cercarla, ma in piazza non c’è, e la cugina dice di non sapere nulla.


Montemurro è un paesino di 1500 abitanti e ci si conosce tutti. C’è solo un carabiniere che viene subito allertato. Il carabiniere sbuffa, in un paesino così piccolo le malelingue corrono, e quelle su Ottavia sono della peggior specie: “Una poco di buono che si intrattiene con i più grandi”, “una mela marcia”.

Il carabiniere minimizza: "Tornerà a casa quando avrà finito di divertirsi!”. Siamo in un periodo storico, quello degli anni 70, in cui la bellezza è considerata un vizio, una colpa, una tentazione. Quello che faceva Ottavia, alla luce di anni più moderni, è proprio questo: veniva abusata da uomini adulti, che per lavarsi la coscienza, le lasciavano pochi spicci, che servivano per comprarsi un gelato in cui mischiare le lacrime. In paese lo sanno tutti, e viene fatto anche un nome, “Il Viggianese” lo chiamano, uno dei più impuniti; un tale Giuseppe Alberti, originario proprio di Viggiano. Alberti viene interrogato, e viene trovato pieno di graffi, ma non si continua contro di lui. Nonostante le ispezioni nelle aree circostanti, le indagini saranno accantonate dopo poco tempo. Nessuno cerca davvero più Ottavia, quello che si sa sulle sue ultime ore, sono ricordi offuscati dall’omertà. C’è chi dice di averla vista incamminarsi verso una masseria, che si scoprirà essere di proprietà di Andrea Rotundo, che, però, non è mai stato interrogato.


Il caso, rimasto sconosciuto al di fuori della Basilicata, ha un paio di svolte quando arrivano delle lettere anonime alla famiglia. Un uomo scrive di aver visto il figlio violentare e seppellire una bambina, e vuole liberarsi la coscienza prima di morire. Qualcuno viene interrogato, poi di nuovo il nulla. È solo nel 2010 che il caso viene riaperto: in un pozzo svuotato dai vigili del fuoco in una masseria vengono ritrovati dei resti, che, infine si scopriranno essere di un animale.


Eppure ancora oggi Ottavia è stata dimenticata, abbandonata. È stata trattata come un’anima persa, giustamente punita per i suoi passi falsi. Non c’è nessuna strada intitolata a lei nel suo paese, neanche una piccola targa che possa ricordare le violenze che ha subito e gli anni che le sono stati portati via!


Flavia Panebianco e Antonio Mastroianni


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